Basile, Vincenzo (1818-1882), Palermo, December 26, 1839
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Molto Reverendo in Cristo Padre Nostro
Pax Christi
Ho scritto a Vostra Paternita per ben tre volte umilmente e caldamente pregandola, che mi volesse annoverare tra i fortunati missionari delle nazioni estere. Se le risposte comunicatemi dalla Paternità Vostra per mezzo del mio Reverendo Padre Provinciale mi hanno fatto sempre sperare di ottenere una tale singolarissima grazia, l’ultima però manifestatami per una lettera del Reverendo Padre Spedalieri mi assicurò quasi dissi della bramata missione. Furon queste le parole del cennato Padre „Ho consegnato la vostra lettera al Nostro Padre il quale diede a me a bocca la risposta per farvela sentire: sì saranno esauditi i vostri pii desiderî ma a suo tempo„ Come io ebbi questa consolantissima risposta mi consecrai con maggior calore alla salute delle anime coltivando la gente la più abbandonata nelle carceri coll’animo di dispormi alla grande ed ardua impresa delle missioni straniere. Fu questo il noviziato scelto da me col consenso de’ Superiori e del padre Spirituale. Il Signore però volle provvidamente aggiungere a questo mio il suo; poiché l’anno scorso contrassi una grave malattia di un’accesso di umori al capo, che mi fece desistere dallo studio del 3.° anno di [Teologia] Dommatica. In tutto il corso di questa infermità aveva io sempre presente il dettomi dal mio padre Spirituale „ che il Signore vuole spesso alle grazie singolari far precedere gravissime tribolazioni „ Mi consolava impertanto colla dolcissima idea, che forse un giorno sarei divenuto strumento abile per la gloria di Dio.
Dopo quasi un’anno guarî del male; e in Ottobre fui destinato a fare la terza probazione: la cominciai infatti col fare il mese degli esercizî; ed oh mese per me fortunatissimo! lo posso dire addirittura mese della mia totale conversione a Dio. Conobbi in essi chiaramente, non aver io vissuto in dodici anni dacche sono nella Compagnia, da vero gesuita; ne pianzi, anzi ne piango tuttora l’errore e a calde lagrime ne domando perdono a Dio. Mi resta ora a chiederne perdono alla mia tenerissima Madre la Compagnia; e ciò non posso meglio farlo che in persona della Paternita Vostra Ah! sì, mio Reverendo Padre, lo confesso sinceramente, non sono stato sinora vero figlio della Compagnia; prostrato in ispirito a’ suoi piedi ne domando perdono; e allo stesso tempo prometto veracemente di voler secondare i forti impulsi della divina grazia, abbracciando il 3.° grado di umiltà accennato dal nostro santo Padre nell’aureo libretto degli esercizî: voglio cominciare una vita tutta nuova; anzi ho dato già principio a questa sì alta perfezione; mi sono intieramente spogliato di tutto quello che io possedeva con licenza, ed ad imitazione del grande Saverio mi ho solo trattenuto il Breviario, la scrittura, il Crocifisso, il Kempis ed il [Tesoro] della Compagnia. Questo è l’unico capitale che mi accompagnerà per la missione di Modica per la quale partirò dimani. Voglia Iddio che questo viaggio sia un fausto preludio di que’ disastrosi ed ardui, che bisogna fare per le missioni straniere! io vivamente lo spero e confido nel Signore che non passerà per quest’anno che la Paternita Vostra mi avviserà di doverli intraprendere. Anzi chi sa se io sarò chiamato da Modica? Non avrei difficoltà di partire di colà, e qual sono distaccato da qualunque affetto terreno, correrei volentieri e di tutto cuore ad un semplice cenno di Vostra Paternità di nulla temo; ne anche mi spaventa la mia debolezza la morte stessa, poichè son sicuro che chiamandomi Iddio sarò un leone ne’ pericoli, forte e costante a qualunque ostacolo. A questo tendono i miei esperimenti giornalieri di privarmi di alcune cose necessarie al vitto, od al vestito; ed altro del sonno. Questa è l’attuale disposizione del mio spirito. Nondimeno perche la Paternita Vostra umanamente parlando non possa sbagliare scegliendo me per le missioni estere voglio manifestarle candidamente quanto io valgo. Intorno alle doti morali dico di aver bisogno assai della umiltà, ed è per questo che mi son proposto di far l’esame particolare su di esse. Riguardo alle doti intellettuali dicoa di averne, ma in grado mezzano. La salute però l’ho ferrea, tranne di un difetto lasciatomi dal cennato male: l’umore che si era attaccato al capo si aprì la via per gli orecchi, onde ho offeso un poco l’udito; ma sono però in istato di udire la confessione: io ho domandato a’ Padri Franco e Queralt se questo difetto potea essere d’impedimento per le missioni; ed essi mi risposero che no: anzi l’ultimo mi disse che nel Levante avvi un missionario francescano il quale comeche sordo come una campana pure e’ il primo Apostolo
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~Palermo 27 Decembre 1839. – Padre Basile
Quanto l’abbia consolato la promessa delle missioni.~
che vi sta colà. In me poi avvi un rimedio facile per questo male, poichè la copiosa traspirazione mi rende sensibilmente migliore l’udito; onde io spero che la vita apostolica da menare nell’altro emisfero salendo e arrampicandomi per quelle ripide montagne, e sempre stando in continuo esercizio di predicare, mi sarà giovevole. Ecco mio Reverendo Padre esposta sinceramente la condizione della mia persona. Tocca ora alla Paternita Vostra decidere in Domino della mia vocazione apostolica. Io sempre resterò contento di quanto vorrà disporre Iddio di me per mezzo di Vostra Paternita
La prego da ultimo a consolarmi con qualche suo rigo; e dirizzarlo a Modica, dove forse sarò sino a tutta la quaresima. Molto mi raccomando a’ Suoi Santi Sacrifici ed umilmente baciandole la mano passo a raffermarmi
Di Vostra Paternita Reverenda
Il Reverendo Padre Giovanni Roothaan
Preposito Generale della Compagnia di Gesù
Infimo in Cristo Servo
Vincenzo Basile
Palermo 26. Dicembre 1839
A Sua Paternita molto Reverendissima
Il molto Reverendo in Cristo Padre Giovanni Roothaan
Preposito Generale della Compagnia di Gesù
Romab
(a) dico nell’interrigo
(b) l’indirizzo e l’annotazione archivistica sono sul verso