Mai, Giovanni (1819-1898), Verona, April 25, 1844
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Molto Reverendo in Cristo Padre Nostro
Pax Christi
Un veemente desiderio d’ottenere dalla Paternità Vostra Molto Reverenda una gran grazia mi stimola a significarle con questa breve mia, i sentimenti, che il Dio delle misericordie già da qualche tempo m’ispira al cuore. E mentre m’accingo ad esporli, deh, Vostra Paternità pure mi disponga a contentare un suo figlio, che ardentemente desida di sacrificarsi alla maggior gloria di Dio. Sono già due anni compiti, che meno lieti i giorni e tranquille le notti in seno a questa buona Madre la Compagnia, che con grande carità mi vien coltivando, ed il giorno solenne di Pasqua ebbi la gran sorte di risorgere con cristo a novella vita mediante i santi voti. Giorno io non vidi di quello più beato…fù giorno di Paradiso. Ora fin dal primo mio ingresso in questa mistica terra di promissione mi sentii al cuore vivi desideri di farmi santo, di darmi senza riserva a Dio, di dare il rimanente de’ miei giorni alla coltivazione di que’ meschini, “qui in tenebris et in umbra mortis sedent”. Cotesti desideri ben lungi dal venir meno o punto illanguidire, andarono sempre più crescendo; e ritrovandomi ormai al termine del mio Noviziato mi sentii fortemente inspirato d’obbligarmi a Dio con peculiare voto (sempre per altro subordinato alla volontà de’ Superiori) di chiedere a Vostra Paternità per cinque anni consecutivi semel in annis la missione a qualche popolo rozzo, barbaro, idolatro, in cui ci sia molto da faticare e da esercitare assai l’umiltà. Esposi a chi doveva l’inspirazione di Dio ed i desiderii del mio cuore, e dopo mature riflessioni ottenutane licenza, nel giorno solenne dell’anniversario della Canonizzazione del Santo Padre e di San Francesco Saverio, sotto la protezione di questi due gran santi e di San Giuseppe feci il mio voto con tale consolazione, che mai forse per l’addietro esperimentai la simile. In quel tempo Iddio diè compimento alle sue misericordie con farmi un’altra e singolar grazia. Era ormai vicino il felice momento, in cui questi miei amati fratelli dovevano dar principio al mese de’ santi esercizi. Dietro un’interno impulso, chiesi instantaneamente di poter con loro entrare nel santo mese. Il Superiore, vedendomi ormai al termine del mio Noviziato, attesa questa circostanza, secondò le ferventi mie suppliche. Nel decorso del mese mi si rinforzarono più che mai i desideri di faticare nel la vigna del Signore, di portare la luce del Vangelo a tanti miserabili, che si dannano non per altro se non perché non hanno chi loro infranga il pane della divina parola; per cui inginocchiato sempre più a suoi piedi, colle braccia aperte, supplico instantaneamente, che voglia esaudire le suppliche d’un suo figlio, che desidera di raccogliere il Sangue di Cristo, che tutto giorno vien miseramente calpestato.
È sì grande la confidenza mia nella bontà di Dio e nella sua, che non mi lascia dubitare che Vostra Paternità non sia per farmi la grazia ch’io le dimando con le lagrime e ardentemente desidero. Mi diede Iddio una complessione sì robusta da poter resistere ad ogni più grave fatica. Piacesse a Dio, che quanto è vigorosa la mia sanità, fosse altrettanto forte la mia virtù. Ma spero che nella stessa infermità ella si rinforzerà, e che mentre faticherò per amor di Dio, la sua divina grazia sostenterà la mia fiacchezza. Il desiderio d’essere esaudito mi fa intraprendere con alacrità gli studii. Io frattanto impaziente d’un propizio riscontro, me ne starò raccomandandomi alla Vergine Santissima ed a miei Santi avvocati. E siccome so che molti sono i pericoli che corrono in tal ministero, e molte le virtù che si richiedono, così prendo l’ardire di raccomandarmi a suoi Santissimi Sacrifizi mentre baciandole la mano ne imploro la paterna benedizione e mi protesto umilmente qual sono
di Vostra Paternità Molto Reverenda
Infimo Servo e Figlio
Giovanni Mai della Compagnia di Gesù
Verona li 25 Aprile 1844