Nobili, Giovanni (1812-1856) , Rome, August 22, 1843
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~Provincia Romana - Roma, 22 agosto 1843.
Padre giovanni Nobili~
Molto Reverendo in Cristo Padre
Pax Christi
Probabilissimamente il Padre De Smet viaggia anche a fine di far qualche leva di Missionari; come dunque io ho taciuto fin qui? Padre mio, mi trovava occupato dalla Santa Obbidienza fuor di Collegio, la notte eziandio, a vantaggio spirituale di cento e dodici giovani riuniti nell’Offizio così detto dell’Assunta, e per qualche giorno non ho saputo né l’arrivo di detto Padre. Saputolo, ancorché le occupazioni non mi dessero quasi tempo di soddisfare ai privati doveri di Religioso, son corso in fretta alla Casa Professa, ed abboccatomi con esso lui per brievi istanti, l’ho pregato (e v’era presente il Reverendo Padre Grassi Assistente) a condurmi seco. Dipende da Nostra Paternità soggiunse, lo chieda a Lui; non ho tempo, ripigliai io; ché sono occupato occupatissimo nel dare alcuni esercizi spirituali. Difatti, Reverendo Padre, in iscritto non avea proprio tempo di farlo, ed a voce, lo dirò schiettamente, così su due piedi e alla sfuggita non mi sentiva di farlo per timore di trovare Vostra Paternità occupata siccome è solito, e così avenne per avventura più facilmente il ricambio di qualche buona ma fredda parola pel tempo avvenire. Mi quietai poscia alquanto assicurato ch’egli non conduceva seco nessuno affatto. Ma come quietarmi ora che odesi buccinare il contrario? Ecco il motivo pel quale senza por tempo in mezzo, benché stracco morto per la poca fatica durata ne’ giorni passati presenti alla considerazione di Vostra Paternità queste quattro linee, proprio come me le detta il cuore e mi vengono alla penna.
Partirà adunque qualcuno per l’America? e perché non potrei partir anche io? L’Esame ad gradum…oh benedetto Esame! L’avrei già dato se l’Obedienza me l’avesse permesso…e l’avrei potuto dare senza scapito occupandovi tanto tempo che m’è trascorso per volontà de’ superiori in altri esercizi spirituali alieni dallo studio della Teologia! E poi veggio che assai scarso è il numero de’ Missionari Professi rispetto a quello de Coadiutori…e credo d’aver scienza abbastanza per istruire, battezzare ecc. ed anche, se il vuole, per affrontarmi con qualche Eretico, se sia duopo. Creda Vostra Paternità che non è disprezzo o fidanza di me, ma è amore delle Missioni che mi farebbe rinunziare anche alla Professione, se piacesse a Vostra Paternità. E poi si vuole l’Esame? se non vi fosse altro tempo di preparazione, penso che quello del viaggio, e della permanenza in San Luigi sovrabbonderebbe; massimamente che non avrei a perderlo nello studio della lingua Inglese che ho seguitato per tre anni quasi senza interruzione, togliendomi a tal fine il sonno dagli occhi, e nella perfezion della quale non mi manca che l’esercizio del favellare. Padre mio mi creda che l’unica involontaria tentazione a tacere dal più chiedere le Missioni si è per me il pensare che tredici anni di studio dopo il Noviziato per gran parte non mi gioverebbe alla novella sospirata impresa, la quale chiederebbe una fatica tutta nuova e diversa: dico questo perché Vostra Paternità intenda meglio che il motivo di chiedere le Missioni mi par che non abbia nulla di umano. Non so se il fervore dell’animo mi permette di spiegarmi abbastanza.
Ma i denari pel viatico? Un di più o un di meno, Padre mio, possibile che abbia a por limiti alla confidenza che Vostra Paternità ha nel Signore? Troverei forse io medesimo…ma sò che a Vostra Paternità non piace un tal modo. Mi basterebbe poco, pochissimo; e intrapreso il viaggio ho certa fiducia che la Provvidenza non mancherebbe, almeno pel necessario. Talvolta m’è venuto perfino un forte desiderio di dimandare novellamente le Missioni, ma senza viatico.
Nel resto prego Vostra Paternità ha rileggere le altre mie lettere, se pur le conserva: ad esse non ho altro che aggiungere, se non che que’ timori d’una volta da due anni non han più luogo, e quasi mi sembrano ragazzate, supposta sempre la diffidenza di me, e l’abbandono nelle mani di Dio – che ho veduto per prova in quest’anno, in che mi sono esercitato assai ne’ ministeri co’ prossimi, quanto Iddio ajuti ove egli ordina alcuna cosa per mezzo de’ Superiori – che lascio tutto me e le cose mie, senza eccezione, alla libera liberissima disposizione di Vostra Paternità, perché sebbene fossi esaudito non vorrei andare, ma in istretto penso esser mandato – infine che anche una finale negativa, sebbene non m’impedirà nulla colla grazia di Dio d’impiegarmi a suo tempo a tutt’uomo nel bene de’ prossimi, dove e come vorrà la Santa Obbedienza; ciò non pertanto mi terrebbe tutta la vita nel dispiacere di essermi fatto indegno co’ miei peccati e difetti di ottenere dal Signore si bella grazia.
Bacio umilmente la mano a Vostra Paternità e mi protesto di cuore
Di Vostra Paternità
Affezionatissimo e infimo servo e figlio in Gesù Cristo
Giovanni Nobili Societatid Jesu
Dal Collegio Romano
22 Agosto 1843
P.S. Perdoni ad un poco di turbazione interna che provo da jeri in quà pel solo motivo di non vedermi esaudito, se la lettera contiene per avventura qualche espressione che sappia d’imperfezione; exempli gratia quella “tanto tempo che m’è trascorso per volontà de’ Superiori in altri esercizi spirituali alieni ecc.", la quale sebbene contenga la pura verità, prego caldamente Vostra Paternità a non farne motto nessuno co’ miei Superiori immediati.