Suszynski (Aridini), Romualdo Abramo Giuseppe (1800-1871), Fano, December 12, 1833
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~Provincia Romana – Fano, 12 decembre 1833.
Padre Romualdo Suszynski~
Molto Reverendo Padre Generale e Padre in Cristo dell’anima mia
Pax Christi
Appena ho veduto il titolo della pregiatissima circolare di Vostra Paternità issofatto ho sentito in me una vivissima brama delle Missioni Egee. Prima però d’ogni altra cosa stimo esser il mio preciso dovere di rammentare a Vostra Paternità in generale almeno, quanto io valga. Senza fallo posso appropriarmi le parole di Geremia Profeta: A, a, a Domine….ecce nescio loqui, quia puer ego sum. Purtroppo io mi sento d’esser fanciullo, anzi uno dei più deboli fanciulli nelle scienze necessarie, come Vostra Paternità lo sa molto bene. Che dovrò dire poi intorno alle virtù, che Vostra Paternità dice nella sua, ricchiedersi in uno che aspira alle Missioni; confesso con mio grandissimo rossore, che io in me non scorgo nemmeno la semenza. All’opposto non veggo altro in me che debolezze veramente da fanciullo, e fanciullo appena nato. E qui avrei dato qualche cenno in particolare sulle mie miserie, se l’amor proprio non mi facesse cadere la penna di mano, e non avessi timore di essere troppo nojoso all’animo grande di Vostra Paternità dicendo con Isaia: Ecce ego mitte me. E, mitte me ovunque le aggrada. Giacchè per me l’Asia, l’Africa, l’America, e l’Europa tutto è un paese, se pure vi è in queste parti del mondo un qualche cantoncino, in cui io possa far qualche cosa di buono colla salvezza dell’anima mia, per quella degli altri. Mi sarebbe assai più caro che Vostra Paternità volesse disporre di me senza le mie proposte. Allora sì che io diverrei più sicuro della mia salute, più ardito ad ogni impresa, e più certo di far la volontà di Dio. Temo anche in queste suppliche far la volontà mia, e per conseguenza tradirmi per ora, col pericolo di tradir gli altri nell’avvenire. Aggiungo che mentre io mi accingeva di scrivere a Vostra Paternità questa mia, mi saltò in capo che, stando io nella Missione dell’Arcipelago avrei potuto con facilità grande riveder i miei di carne e sangue, o almeno aver con essi più frequente, e più grande corrispondenza. Questo pensiero mi ferì molto la fantasia, e in certo modo accalorò il desiderio di andarvi: ma poiché ho pensato sopra, conobbi agevolmente le trame del nemico, e che questa non era la vocazione di spirito, ma di carne. Io forse non ardirei giammai di scrivere a Vostra Paternità cose simili, se non mi fosse accaduto un caso strano. Mentre io un giorno celebrava all’altare di San Giuseppe, secondo il mio consueto d’ogni settimana, per la conversione di due Imperi, che mi stanno a cuore, cioè Russo, e Ottomano, non so come fuor di solito dopo la Consacrazione mi si accese con tal veemenza nell’animo il desiderio di salvar le anime, e delle Missioni con tal impeto, che mi schizzarono molte lagrime, e quando arrivai alla Consumazione, non ho potuto far a mano di non promettere a Gesù Sacramentato, che avrei scritto a Vostra Paternità pregandola delle Missioni della Grecia. E poi se non fosse altro, questo solo, di aver io già scritto a Vostra Paternità servirà per me di un nuovo stimolo per incominciar finalmente ad abilitarmi alla Missione se non per ora, almeno da qui a qualche anno. Se Vostra Paternità col tempo vorrà prender qualche misura intorno alla mia indegnissima persona, io fin da questo momento mi protesto che, contento solo degl’indirizzi suoi per me molto preziosi, e necessarii per vivere bene, e alcune grazie spirituali, non voglio da VostraPaternità altra cosa, ne spesa pecuniaria.
Ma dal luogo ove sarò fino a Genova, in vece di cavalli mi serviranno le mie gambe: al vitto poi, alle altre spese del viaggio penserà l’accatto. In Genova finalmente spero di trovar il resto, a qualunque parte del mondo colla semplice lettera […], Vostra Paternità si degnerà di rivolgermi che vada. A Genova soglionsi trovare le navi di tutte le parti del mondo; di più si trovan facilmente i pii e generosi benefattori, mossi al ben fare dal Sommo Benefattore che sta ne’ cieli. In fine la prego umilmente a compatire questi miei vaneggiamenti, e augurando a Vostra Paternità di cuore tutte le prosperità per quest’anno nuovo, e felicissime Feste del Santo Natale, mi raccomando quanto so e posso ai SuoiSantissimi Sacrifici e con profondissima stima ho l’onore di sottosegnarmi
Di Vostra Paternità
Ossequentissimo, devotissimo, e umilissimo
In Cristo figlio, e servo.
Romualdo, Abramo, Giuseppe Suszynski (Aridini) Societatis Iesu
Fano 1833. 12. Decembre