Renzetti, Raffaele (1802-1846), 1839

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Ad Maiorem Dei Gloriam

Alcune riflessioni, che Raffaele Renzetti Sacerdote Scolastico della Compagnia di Gesù propone al Molto Reverendo Padre Generale per ottenere la grazia delle Missioni Straniere

1.° Sempre le missioni straniere sono state per lui un oggetto di ammirazione e d’invidia: ma specialmente da sei anni in quà, e molto più negli ultimi due anni ha provato degl’impulsi interni a chiederne la grazia a’ Superiori: cosicchè lasciando di secondarli gliene rimarrebbe qualche rimorso nella coscienza.

2.° Essendo egli non poche volte assai sensibilmente penetrato dalla grandezza della divina Bonta (seppure non sia un illusione), e desiderando perciò di farle di se il più degno sacrifizio, non vede potersele fare in terra altro più gradito e più degno sacrifizio che di spendersi tutto ad ampliare il Suo Regno, e la Sua gloria colle Missioni straniere, nelle quali l’Uomo privandosi affatto de’ proprj commodi, e avventurando a più pericoli la vita può dir veramente di viver solo in Dio di Dio, e per Dio.

3.° Il vivere nei Collegj occupato in qualcuno degli ordinarj nostri ministeri, massime se scientifici (tranne quello di un molto occupato Operajo o Missionario) gli pare un vivere troppo agiato, e da averne (salva l’ubbidienza) poca consolazione in punto di morte: effetto, come pargli, di un naturale, che ha, troppo pacifico, e poco o nulla sensibile agli ordinarj travagli e fatiche, che si hanno a tolerare nelle ordinarie nostre occupazioni: ben’intesa l’eccezione di alcuni casi, rari però come pargli ad accadere, ne’ quali con tutta la sua indolenza non saprebbe essere insensibile.

4.° Poiché una vita sedentaria, e molto più se di studi dà pascolo alla sua fantasia, che talora gli scompiglia con inquietargli lo spirito, gli par mezzo opportunissimo a liberarsene quello di togliersi dal tanto riflettere sopra le medesime e fantasticare, con delle gravi occupazioni esteriori capaci di fissargli la mente, quali sono appunto quelle di un missionario. Infatti occupandosi in cose di quel genere, come fa nelle Domeniche andando alle carceri, vi sperimenta egli pace e libertà di spirito.

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5.° Sembragli ancora di trovare nella sua complessione, e nelle sue abitudini corporali tutti quei vantaggi che possa averne un Missionario; come sapersi adattare senza risentimento di stomacho, od altra ritrosia di natura à cibi grossolani, alla durezza del dormire, vestire etcetera: essere robusto e vigoroso di forze, inclinato al moto e all’azione, sicchè non si stanchi facilmente. E quantunque circa la quantità del sonno siasi dimostrato intemperante, però ogni anno và sperimentandone minore il bisogno, ed al presente certo gli bastano le sette ore al giorno: e poi una vita attiva e di molta occupazione esteriore, come lo ha provato per esperienza è molto acconcia a diminuirgli il bisogno e la voglia di dormire; che in lui certo vien fomentata dal vivere sedentario.

6.° Uno dei motivi più forti, che il trattennero dal manifestare al Molto Reverendo Padre Nostro quegl’impulsi interni, che provava per le Missioni fin dal principio, si era una certa apprensione di testa, che gli cagionava balordaggine, che andava congiunta, forse come causa, col bisogno di molto sonno. Da un tale gravissimo incomodo egli al presente si trova libero dopo molte preghiere porte al Signore con fine appunto di riuscir più acconcio à ministeri della Compagnia! Ora una tal grazia da Dio ricevuta rendendolo più disposto a quello, per cui aveva quegl’impulsi, sembragli essere un segno che almen quanto è da lui, voglia il Signore, che si mandi ad effetto quella inspirazione.

7.° Avendo egli gran debiti da scontare con Dio pe’ suoi peccati non vede come possa meglio scontarli, che con una vita piena di stenti, e di buone opere, qual si è quella de’ Missionarj.

8.° Previene una difficoltà che potrebbe apporglisi; ed è che si dimostra troppo Filosofo ed astratto, e perciò poco acconcio per una vita molto attiva. Al che rispondo, che ciò è verissimo se parlisi del tempo precedente agli ultimi due, o almen’uno anni; quando all’anzidetta oppressione di testa congiungendosi un eccesso di amore allo studio mostrava egli un aria di astratto e stordito: ma al presente essendogli venuto meno quell’eccesso di amore per lo studio in un con quell’incommodo di testa gli par d’essersi reso assai concreto e scaltrito, tranne il caso di certe turbazioni di fantasia ma poi essendo questo, come pargli, un effetto di quella vitaa, che mena da molti anni sedentaria e contemplativa, ponendosi in una vita tutta di moto e di azione non può a meno, che quel difetto non isvanisca del tutto.

9.° Se si trattasse di Missioni alla Cina potrebbe giovargli molto quella qualche abilità che ha per le Mattematiche: e sebbene confessi ch’egli si è versato nelle matematiche pure e miste solo in teoria, e non nella pratica: gli par però di essere al caso di acquistarsi abilità anche per questa parte, occupandovisi per qualche tempo.

10°. Il proponimento di far questa proferta di se formato il dì di Pentecoste è stato accompagnato da un notabile ren[ovam]ento d’animo prima non poco turbato, che duragli fino al dì d’oggi.

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“Renzetti, Raffaele (1802-1846), 1839,” ARSI, AIT 1, 313, Digital Indipetae Database, accessed February 6, 2025, https://indipetae.bc.edu/items/show/2347. Transcribed by EF.