Diedo, Roberto Francesco (1790-1841), Fano, October 16, 1836

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~Provincia Romana – Fano, 16 Ottobre 1836. // Padre Roberto Diedo~

Molto Reverendo in Cristo Padre

Pax Christi

Fano 16 ottobre 1836

Dalla fucina dei Santi Esercizj; dopo la Meditazione del gran benefizio della Vocatione alla Compagnia; quantunque confesso pianger dovrei e tacere, attesa la mia corrispondenza, pure necessitato da continui rimorsi intorno al mio silenzio, oso manifestare a Vostra Paternità Molta Reverenda tutto l’animo mio.

Nata la mia Vocazione circa 30. anni fa trà lagrime e sospiri, leggendo le fatiche, patimenti, e diverse barbare morti dei veri Figli della Santa Compagnia di Gesù, mai perduta la speranza di potermi arruolare a simile milizia per gli stessi fini, mai pure potè passarmi dalla mente e dal cuore il più vivo desiderio di vedermi ascritto all’infimo grado di quelli che portano la luce del Santo Evangelio a barbare genti, ma loro servo unicamente.

Più volte confesso sentii vivo impulso al cuore, di farmi animo a manifestar ciò a Vostra Paternità Molto Reverenda se non a voce per mancanza di coraggio, almeno in iscritto, per non essere forse infedele a Vocazione.

Più volte presi anco la penna per manifestarlo almeno al Provinciale, fin dai primi momenti del mi Noviziato: ma sempre il riflesso di mia indegnità per ogni rapporto, mi fece cacciar come tentazione, un sì cocente desiderio che talora mi strugge.

Finalmente [… da …., e da] rimorso […] nel rendiconto al Provinciale una qualche apertura del mio cuore su ciò; e per di Lui comando, [feci confuso sì], ma un qualche cenno anco al nuovo Provinciale in simile occasione.

Tali passi però non soddisfecero mai fin qui il mio cuore bastantemente, nè mi fanno passare tal brama.

Ora poi, che in questi dì de’ Santi Esercizj, e che in questo giorno sacro alla loro Commun Madre Maria particolarmente più che mai sento di nuovo tali impulsi, prendo finalmente coraggio de’ pienamente aprire a Vostra Paternità tutto il mio cuore.

Dico pertanto, che proprio mi sembrerebbe essere felicissimo, se po-tessi

//

se potessi unirmi con qualunque Missionario, e portarmi, in qualità proprio di servo, a qualsivoglia terra infedele, poichè quelle sono le anime che più mi muovono a tenerissima compassione sol che vi pensi.

È vero, che quando vengami qualche straordinaria fatica parmi respirare, pella speranza di poter forse, colla benedizion del Signore, guadagnar anime a Cristo: anzi, che quanto più mi stanco, tanto più sembrami acquistar [bene pell’]allegrezza che sento.

È vero, che nella pena per [17]. anni provata di non poter entrare da giovane nella Compagnia, mi fu di qualche sollievo l’abbandonarmi, anco con acces[e, e mal regolate] fatiche, Dio sà con che frutto.

È vero infine, che ancora qui non mancherebbe forse da affaticare, e [patire con un mondaccio questo tanto e corrotto]: ma dico proprio come mi confessassi, che non mi pare potrebbe essere il mio cuore pienamente contento, come se fossi in quei patimenti, fatiche, e pericoli, che indispensabilmente in quel genere di vita si pruovano, e che mi chiamerei beato, a poter in qualunque modo influire al guadagno di una di quelle meschine anime che vanno certe all’inferno per essere prive di mezzi, che [certo di questa], che abbondandone tanto, se si dannino, è solo a [dispetto] della liberalissima misericordia di Dio.

Egli è quindi perciò, che supplicherei Vostra Paternità a farmi prima alcun tempo esercitare nella [cucina], ed altre officine, per poter servirli alla meglio possibile, e così con coadiuvarli nei loro ministeri, in benefizio de’ tali anime, poichè per grazia di Dio ho corpo robusto che non teme fatiche, e l’età de’ 46. anni compiuti sarebbe ancor’ancora opportuna.

[… de’] 2. anni e mezzo cominciai a viaggiar in mare trà le burasche, [e de’ 9.] e mezzo ritornai senza danno [menomo] di salute, nè timore, anzi anco da Sacerdote, colla veste tallare di sotto, ad un cappotto da marinajo di Sopra, allegramente cantai in burasca venendomi la onda addosso, e tenni lieti quanti vi erano meco.

Poi odiando per naturale orgoglio la delicatezza, che affievolisce gli animi e le complessioni, mi strapazzai senza riguardo, anco tal volta per [caprici], sicchè potrei molto più far qualche cosa, e soffrire per oggetto si santo.

Questo è ciò che in cuore sento da tanto tempo, e che solo dico per non sentirmi più l’interiore pena provata pel silenzio conservato

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fin quì, veggendomi privo di quelle parti tutte che sono indispensabili e troppo necessarie ad un tanto invidiabile ministero.

Se Vostra Paternità mi comandi di non più nè parlar, nè pensarvici assolutamente, procurarò certo di ubbidire, per quanto è da me, colla maggiore perfezione possibile, confessandomene veramente non solo incapace, ma indegno.

Mi perdoni per Amor di Dio se osai sturbarla con sì lunga [diceria] che forse non meriterebbe risposta: ma se poi degnassesi rendermela, preziosa, comunque sia per essere, riuscirà al mio cuore, ogni determinazione di Vostra PaternitàMolto Reverenda, risguardandola come oracolo di Lui, cui unicamente desidero con fedeltà ed amore unicamente servire fin all’ultimo de’ miei dì.

Umiliato in ispirito baccio a Vostra Paternità col più profondo rispetto filiale i piedi, chiedendole la santa benedizione.

Di Vostra Paternità Molto Reverenda

Umilissimo Ubbidientissimo [Affezionatissimo] infimo in Cristo Figlio e Servo

Roberto Francesco Diedo Societatis Iesu

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Fano 16 ottobre 1836. – [Padre] Francesco Diedo // petit missiones.

Al Molto Reverendo in Cristo Padre // Il Padre Preposito Generale Giovanni Roothaan // Della Compagnia di Gesù. // Roma.

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Citation

“Diedo, Roberto Francesco (1790-1841), Fano, October 16, 1836,” ARSI, AIT 1, 180, Digital Indipetae Database, accessed February 7, 2025, https://indipetae.bc.edu/items/show/2223. Transcribed by EF.