Piccardo, Benedetto (1819-1897), Rome, May 26, 1852

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Molto Reverendo Padre Nostro

Pax Christi

Per adempire quello che Vostra Paternità Molto Reverenda mi ha suggerito di esporre cioè in iscritto il desiderio che sento delle estere Missioni, e i motivi che mi stimolano ad esse, sono a far ciò tanto piu volentieri, in quanto spero di poter meglio esporle quello che ho nell'animo, e troppo mi preme che in cosa di tanto momento sia questo alla Paternità Vostra interamente manifesto.

In primo luogo devo confessare di sentirmi naturalmente portato dal mio genio a cercare di veder nuovi mondi e nuove cose, ma dall'altra parte anche mi si affacciano tali ostacoli, che mi pare sarebbero da per se sufficienti a scemare o togliermi affatto questo desiderio; ciò sono pericoli di viaggi, incertezza ch'io abbia a resistere a climi stemperati, e grande probabilità almeno di avere ad abbreviarmi notabilmente la vita tra stenti e fatiche, onde mi pare coram Domino di poter dire, che io non cercherei le estere Missioni, se un qualche motivo superiore non mi vi eccitasse. Inoltre andando in quelle parti dovrei lasciare cose per me geniali, per esempio studio di belle lettere, nelle quali mi applicai già con mio gradimento insegnando.

In quanto all'origine di questo mio desiderio, posso questo dire a Vostra Paternità che prima di entrare nella Compagnia tra alcuni ostacoli che mi si presentavano, uno era questo, il pensare di poter essermi imposto dai Superiori, di andare nelle Missioni tra gli Infedeli, ove dovrei essere pronto a sostenere anche il Martirio; e mi ricordo che ~~anche~~ nel tempo del Noviziato una volta esposi questa mia difficoltà al Maestro de' Novizi, il quale mi aquietò con dirmi, che d'ordinario non vanno alle Missioni se non quelli che le domandano. Tanto era allora lungi dal cercarle da parte mia. Ma passato appena qualche anno dal mio Noviziato, incominciai a' sentirmi nascere questo desiderio, il quale mi pare che mi sia surto in cuore appunto quando cominciai ad avere una qualche particolar divozione a San Francesco Saverio. Alla festa di questo santo vestii l'abito religioso, in detta festa feci i voti; me lo elessi quindi per particolare avvocato. Ne lessi e rilessi più volte la vita, e le sue lettere, e sempre con desiderio d'imitarlo in'qualche modo nelle sue fatiche apostoliche. Essendo maestro procurai d'inculcarne la divozione ne miei scolari, e mi pare di dover molto attribuire a questo Santo, se qualche cosa otteneva da essi, i quali a dire il vero mi si mostravano grati. Pertanto mi pare che procurando di crescere in questa divozione anche crescesse in me il desiderio delle estere Missioni.

Il motivo che a queste mi eccita, oltre l'imitazione di detto Santo, si è a la Maggior gloria di Dio, e il desiderio di soccorrere tante anime abbandonate.. che se vi fossero operai oh! quante se ne convertirebbero. Anche mi muove e principalmenteb il desiderio di imitar più da vicino Gesù Cristo il quale diede tutto se stesso per la salute delle anime, e bramerei per quanto posso di cooperare con lui in questa impresa; ed io a direi il vero procurai

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sempre di essere in particolar modo divoto del suo Santissimo Cuore, come anche del Cuore Immacolato di Maria. Inoltre mi pare che in quelle parti straniere potrei fare qualche cosa più di bene che in queste: poiché mi sento inclinazione a trattare con persone semplici e rozze, e mi pare che con esse avrei più confidenza, specialmente sento inclinazione a istruire i fanciulli nelle verità della fede, ed anche gli adulti. Anche farei volentieri una qualche scuola, e mi riuscirebbe anche facile a predicare, potendomi in quelle parti servire dello scritto, al contrario in queste ~~parti~~ luoghi vi sentirei grande difficoltà dovendo recitare a memoria.

Il mio desiderio poic è rivolto in ispecial modo alle Indie orientali, avendo preso a quei popoli qualche particolare affezione, leggendo la vita e le opere del Saverio, il quale tanto ha operato a lor vantaggio. Specialmente mi vi sentii animato ultimamente udendo il gran bisogno di quelle nazioni, e il gran frutto che vi si potrebbe fare. Oh! se si potessero ridurre al loro primo stato quelle Missioni, e fosse a me dato di cooperare a quest'opera. Mi piacque molto l'idea di quel gran Collegio da fondarsi in Bombay. Molto volentieri anche mi vi occuperei in qualche scuola, quando si pensasse bene. Soprattutto poi mi pare che presso quelle genti potrei fare più bene col mezzo della divozione a San Francesco Saverio, questa piglierei bel destro di inculcare specialmente ai giovani, dei quali spererei che se ne potrebbe fare qualche Apostolo. Se poi mi fosse dato di fare qualche predica vorrei che questo fosse uno de' miei principali argomenti: rammentare a quelle genti, quello che qualche secolo fa ha fatto il Saverio in quelle parti, e che hanno per esse malamente corrisposto a tante fatiche, o a meglio dire alla misericordia che avea Dio usata verso di essi in mandar loro un si fatto uomo Apostolico qual fu il Saverio. Veramente provo in me grandi desiderii, ma credo che mi si potrebbe dire vir desideriorum es, e poi quando si tratta di operare trovo mille intoppi. Questi stessi desiderii mi rivolgono per fino alla Cina e Giappone, nelle quali parti pure bramerei che mi fosse dato di operar qualche cosa. Ma io mi vergogno di me stesso quando penso che pur troppo non opero conforme a questi desiderii, che anzi mi mostro il più inetto e incapace della Compagnia per operar cose [de'] momento. Nulla altro mi rimane che confidare in Dio, il quale si serve anche degli strumenti più inetti.

Or devo esporle quelle difficoltà che da per se dovrebbono allontanarmi da simile domanda. Io non riconosco in me abilità alcuna che mi possa rendere meritevole di un tanto incarico; non ho né quella virtù ne dottrina che vi si richiederebbe, nè quello zelo efficace che sa

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superare gli ostacoli. Tanto più se mi avessi a trovare solo in quelle parti remote, non saprei distrigarmi da tanti affari nè quali uno spesso si trova.

Mi mancherebbe forse quella presenza di spirito che vi è richiesta, e quella prudenza che è sempre necessaria, e riuscendomi le cose male temerei di abbattermi troppo d'animo, se bene di lasciarmi trasportare dalla vanità, chè sono pieno d'amor proprio. E poi mille altri pericoli che circondano uno il quale si trova in medio nationis pravae, e tutte quelle cose che ben mi ricordo di aver letto nelle preziosissime lettere di San Francesco Saverio, le quali procuro di tener presenti alla memoria. In mezzo a tanti pensieri che certamente dovrebbero togliermi affatto il desiderio di simile impiego, trovo pure qualche cosa che mi conforta, e questa è la Confidenza in Dio e la protezione del mio Santo avvocato e specialmente della Santissima Vergine. Quante volte dovendo fare alcuna cosa m'intimoriva, mi pareva di non potervi riuscire, ma poi mi succedeva meglio che non mi sarei aspettato. Tanto tempo è che mi studio di guadagnar qualche cosa in questa diffidenza di me stesso e confidenza in Dio nella quale fu così eccellente il Nostro Padre Saverio. Pur troppo devo confessare che mi vengono spesso dei pensieri contrarii a questa virtù, mad procuro di andar loro contro.

Mi vengono talvolta vani timori, strane fantasie, aridità di spirito, pusillanimità, abbattimenti d'animo, malinconie, e forse il mio stesso naturale vi è alquanto inclinato, ma mi pare anche che una vita attiva e non tanto applicata sia per simili cose un naturale rimedio, che più facilmente me le può sgombrar dall'animo, e soprattutto porto grande fiducia nel ricorso all'orazione, nella quale soglio provare allegrimento d'animo in simili angustie. In quanto al dovermi trovar solo mi pare che a ciò sarebbe rimediato quando fossi messo in compagnia d'un buon Padre il quale io dovessi aiutare nelle cose di minor momento per esempio catechizzare eccetera - In tutti i casi il Signore provvederà, quando l'obbedienza anche mi ordinasse di dover rimaner solo; e mi ricordo che stando in patria in tempo della dispersione, quantunque al principio mi trovassi alquanto legato, in appresso avea acquistato qualche poco di disinvoltura.

Ho letto la lettera di Vostra Paternità Molto Reverenda e non ha fatto che accendermene vieppiù di desiderio. Tutte queste cose ho esposto anche di consiglio del mio PadreSpirituale, il quale qualche tempo fa mi aveva suggerito di fare un settenario a San Giuseppe, e per domandar la missione della Giamaica recandosi per quella alcuno de' Nostri, io ho ciò eseguito e poi ne feci parola col Padre Assistente d'Italia, il quale mi rimise

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~Collegio Romano 26. Maggio 1852. Fratello Piccardo

Petit Missiones~

a Vostra Paternità onde esporle il mio animo e i miei desiderii, e particolari inclinazioni. ed io devo confessare che la particolare inclinazionee all'India non si è in me scemata, quantunque per altrove mi si rappresentasse qualche maggior facilità, per esempio studio di lingue, clima, più confacenti. Del resto io lascio tutto in arbitrio de' Superiori, essi sapranno meglio di me giudicare quello che mi è più convenevole e adattato, e quello in cui posso più riuscire alla maggior gloria di Dio. Quando si stimi bene di concedermi quello che domando, non altro mi rimane che mettere ogni fiducia in Dio, e confidare altresì nelle buone opere e preghiere di tutti i Nostri Padri e Fratelli, li quali offrire a Dio, come voglio fare, onde supplire alla mia grande indegnità e miseria.

A Suoi Santi Sacrifici molto mi raccomando. Di Vostra Paternità Molto Reverenda

Ubbedientissimo Servo

Benedetto Piccardo Societatis Iesu

Dal Collegio Romano 26 Maggio 1852.

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“Piccardo, Benedetto (1819-1897), Rome, May 26, 1852,” ARSI, AIT 1, 862, Digital Indipetae Database, accessed September 19, 2024, https://indipetae.bc.edu/items/show/2016. Transcribed by EF.