Pallavicino, Camillo (1789-1835), Turin, June 17, 1834

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Molto Reverendo in Cristo Padre Nostro

Pax Christi

Dopo aver molti mesi ruminato, pregato, e consigliatomi mi par tempo finalmente, che apra a Vostra Paternità MoltoReverenda i miei pensieri sulla missione, che si era compiaciuto di darmi, e sulla quale inimicus homo superseminavit zizania. Premetto ciò che volea far già dire a Vostra Paternità da molto tempo, ma non ho creduto necessario, cioè, che io mi maravigliava, che tutti lasciassimo Lisbona, e non mancai dal luogo del mio ritiro nel luglio dell’anno scorso di manifestarlo al Padre Superiore, il quale da dove egli era non mi rispose su questo sebbene ho poi saputo, ch’era sua intenzione ancora, che alcuno restasse, ma poi non lo giudicò opportuno pel troppo pericolo di quel momento. Ora dunque il pensiero dello stato, in cui si sono lasciate tante povere anime non mi ha mai abbandonato ricordandomi come i nostri antichi ci hanno lasciato esempj di procurare la salute di quelle, ch’erano loro afidate in circostanze ben più difficili, e ritirandovi, se ne dovean partire per qualche persecuzione, con ben maggiori rischi, ed incommodi di quelli, de’ quali vi sarebbe a temere al presente.

Credo però, che vorrà Vostra Paternità ch’io spieghi meglio la mia idea, onde mostri quali motivi la fomentino in me, e come penso, che si possa andar incontro alle dificoltà, che presenta. E da prima i motivi non son altro, che continuare, ed avvanzare per quanto si possa nella cultura di quelle anime da Dio date in cura, e dalle quali ho conosciuto i tanti bisogni, che debbono esser sempre maggiori. Ma in qual modo, si dirà, operar un tal bene ora? in quello, che si può, e si pratica nelle missioni, ed in tempo di tribolazione, che non sarà maggiore che alla Cina, sebbene non forse minore il bisogno delle anime cristiane. Ma come entrare, e fermarsi da dove si è partiti per timori di carceri, e morte? Niuna legge, o proibizione è stata fatta, ch’io conosca, contro un Prete forastiere, che voglia tratenersi in quel Regno, e qualora, sia tranquillo non ingerendosi in ciò che sia contro le leggi, non credo, che incontrarebbe difficoltà ne dal Governo, ne dal popolo, cessato quel primo furore, che eccitava una parte di esso alle armi, ed oltraggj. Ma potrebbero rieccitarsi simili turbolenze da qualche parte; non però sono così da temersi da qualche particulare, come da molti.

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Come dunque mantenersi questi particolari senza appoggio, ed ajuto? Non volendo ricorrere a miracoli dirò, che v’ha da essere ben un numero sufficiente di buone anime, molte delle quali conosco, che o povere, o ricche di beni di fortuna, possano un giorno l’una, un giorno l’altra dare quanto può bastare per vivere ad uno e duea poveri missionarj, che vadano facendo alcun bene a prò loro. Gli esempj, che mi si presentano alla mente in prova di questo sono tanti, che troppo dovrei estendermi a riportarne anche solo una parte, comecchè sia il paese privo de’ principali, e religiosi signori; e poi la Provvidenza non manca. Ma finalmente come io mi metto innanzi per un impresa, per cui manco di virtù, e di sapere? Ah que questa ben vedo, ch’è la maggiore difficoltà, e ben v’ho pensato, e ho letto più volte, e considerato la seconda parte dell’Epistola di Vostra Paternità poichè sebbene non si tratti ora di Missioni extra Europam, il modo di tenersi dovrebbe esser all’incirca lo stesso. Dirò dunque a Vostra Paternità candidamente ciò che me n’é sembrato in Domino. Voglio dire, che siccome retto, e puro mi pare il fine, giacchè se ne avessi in vista non dirò solo i maggiori agj del corpo, ma anche altri piaceri, e vantaggi dello spirito, come sono l’istruzione, la quiete, la compagnia delle persone, ed il parlare la propria lingua nativa dovrei non dir nulla, e starmene tranquillo ove sono; così m’avviso di poter confidare in Dio per i mezzi tutti che mi riconosca pieno d’imperfezioni, anzi di positive mancanze, poichè in [suddetto] luogo non cerco altro che continuare a lavorare in quel campo, che Iddio per l’Ubbidienza m’avea assegnato, ed ora poi ne ho conosciuto un po’ più i bisogni, e i modi di occuparvisi; vero è però, che adesso sono diverse le circostanze, ma intorno a queste inb parte ho già detto sopra, e pel di più aggiungerò, ch’egli è ben certo, che amerei più aver un compagno, chiunque fusse, a cui avessi ad esser sugetto, giacchè non è chec per andare a travagliare per quelle povere anime, che mi muovo a fare questa parte a Vostra Paternità del pensiero, ed inclinazione da me continuamente provata di far ritorno a quella Missione.

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Non entrerò per ora in minimi dettaglj intorno al modo di andare, e di trattenermi in quel paese bastando per ora, che v’abbia esposto a Vostra Paternità l’idea generale, che se sentirò, che abbia la sua approvazione allora poi communicherò a Vostra Paternità quanto mi pare, che sarebbe più conveniente nell’esecuzione; in tutto però volendomi governare secondo il giudizio di Vostra Paternità che riguardo come il volere di Dio. Aggiungerò solo che mi confermo nell’esposto proposito ancor per questo, che vedo essere stato quì in tutti questi mesi come imprestato, e non esservi gran bisogno, come già le accennai altra volta, poichè sebbene abbia qualche cosa a fare di tempo in tempo, ordinariamente ho molto poco, n’è facile procurarselo non essendovi Ospedali, e carceri, sennonchè un principio, e quindi l’occupazione più bella è coi libri, che molto mi piace per una parte, ma charitas urget me. Per qual motivo se per qualsiasi ragione non fosse opportuno, che ritornassi a quella Missione, che avea avuto, e a cui per questo stesso motivo unicamente dopo averne anche conosciuto i grandi bisogni, mi sento in particolare inclinato, [o] che convenisse ritardare un tempo notabile, farei umile istanza d’essere o in questa, o in altra Provincia essere occupato specialmente in missioni parendomi ciò a cui più son mosso a servire a Dio Nostro Signore, sebbene sia poi in tutto disposto indifferentemente.

Ora perdoni Vostra Paternità, e permetta, che baciandole le mani, e confidando ne’ Suoi Santissimi Sacrifici con umile rispetto mi ripeta

Di Vostra Paternità Molto Reverenda

Devotissimo ed Indegno in Cristo Figlio

E Suddito Camillo Palla-

vicino Societatis Iesu ----

Post Scriptum. Di Coimbra non ho saputo più altro. Latore di questa è il [S. D. C.] Solaro, che venendo da Madrid và a Napoli a ritrovare suo Suocero; già credo, che Vostra Paternità lo conoscerà per nostro molto Amico.

Torino 17. Giugno 1834.

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Torino 17. Iunii 1834. // [Padre] Pallavicini // Petit Missiones

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“Pallavicino, Camillo (1789-1835), Turin, June 17, 1834,” ARSI, AIT 1, 153, Digital Indipetae Database, accessed September 19, 2024, https://indipetae.bc.edu/items/show/2196. Transcribed by EF.