Franco, Giuseppe , Turin, February 24, 1843
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Pax Christi
Molto reverendo in Cristo Padre
Torino, 24 febbraio 1843
Scrivo alla Paternità Vostra Reverendissima questa lettera stando ginocchioni, perciò la prego a figurarsi in leggendola di vedermi a' suoi piedi inginocchiati in atto di chiederle con calde istanze e con ogni rassegnazione una grazia certamente da me non meritata, nè potuta meritare in alcun conto. Avendo risaputo che la Paternità Vostra andava facendo leva di gente da mandare nel campo del Signore, specialmente nella Cina e nell'America, e che fra gli altri vano ammessi anche degli scolastici, sentii tutto riaccendermi i lunghi desideri che nutro nel mio cuore delle Missioni. Che se ho tardato alquanto a manifestarli, si è perché desiderava di comunicarli prima col padre Provinciale, ed attendere di giorno in giorno che esso mi chiamasse pel rendiconto solito a farsi nelle visite provinciali. Ora gli ho esposti i miei desideri, le ragioni che mi movevano, come pure le manifestai al padre Spirituale; ne consultai con tutto l'affetto del mio cuore questa stessa mattina Gesù Cristo sagramentato mentre lo aveva nel petto. Son ritornato poco fa dal raccomandare l'affare alla Beata Vergine della Consolata, e le confesso che tutto questo mi ha più e più acceso nelle mie brame e confermato ne' miei divisamenti. Così Maria santissima metta in cuore alla Paternità Vostra di soddisfarli, come a me par certo che ella mi abbia spinto e mosso a scriverli. Questi desideri son nati in me forse tre anni prima d'entra nella Compagnia, e mi ricordo che essendo nella Congregazione della Beata Vergine dopo la Comunione soleva pregare molto di cuore il Signore perché mi facesse della Compagnia, ed andar alle Missioni: mi ricordo che soleva raccomandarli in modo particolare i selvaggi dell'America, il Giappone, la Cina, e per questi motivi principalmente entrai nella Compagnia. In che mi crebbe sempre questo desiderio, e più vivamente quando mi sentiva più infervorato e consolato. Se mi vedessi arrivare l'approvazione di questi miei lunghi desideri mi pare che sarebbe questo per un colpo che mi convertirebbe, e mi tramuterebbe in un altro uomo da quel che sono. Questa grazia soglio chiedere nelle Comunioni, nelle Orazioni, e mattina e sera ogni giorno; il titolo che adduco è questo: Signore se di me vi vorrete a far cose grandi, o quanto meglio che in qualsiasi altro campeggerà la vostra sapienza ed onnipotenza, perchè si vedrà che voi operate da voi stesso e con quei mezzi, utili o inutili, che più vi piace. Con questo pensiero mi conforto, e le confesso che sento in me una fiducia grande di averla un di a spuntare. Che se talora mi viene in mente questo pensiero: e che farà la Compagnia di te nelle Missioni? io lo scassio come una tentazione oltraggiosa a Gesù ed a Maria ne' cui sacratissimi Cuori ripongo ogni speranza. Perciò se la Paternità Vostra mi domandasse, che cosa io speri di fare, le risponderò: quello che farà il Signore per mezzo mio, quel Signore che elegge i deboli per abbattere i gagliardi. Se anche poi non potessi ottener altro che battezzare un bambino moribondo, o me felice! mi contenterei per questo fare, navigare tutti i mari, correre tutte le tempeste, soffrire tutti i disagi di questo mondo; non ha forse Gesù Cristo sparso il suo sangue tutto per quel bambino? Del resto, se anche questo vuole aggiungersi, ciò che mi fa anche sperare che ella vorrà sopra me gittare uno sguardo si è che la Provincia, per quanto so io, abbonda di soggetti, io sono giovane, sono robusto, sono sul principio della Filosofia, e potrei, facendo gli studi ne' luoghi delle Missioni, colle scienze imparare anche le lingue barbare, e così al fine di essi entrare con molte forze nel campo del Signore e portare meglio pondus diei et aestus. Direi molte molti altri motivi e ragioni che mi spingono e mi muovono a fare questa dimanda, ma non lo voglio fare, sapendo che ciò che moverà la Paternità Vostra a concedermi, o negarmi, o differirmi quello che domando non sono le mie ragioni, ma bensì quel Gesù che essa ogni giorno tratta nella Santa Messa e con cui conferire questi affari. A lui mi rimetto in tutto e per tutto, ora e sempre. La prego in ultimo a non voler giudicar delle mie brame dalla freddezza di questa lettera: mancano, lo dico di cuore, le parole ai sentimenti. Non riman altro se non che io la preghi, se mai mi vorrà ora in altro tempo concedere cio che dimando, a degnarsi di mandarmi la licenza conceputa in termini di espressa Ubbidienza per mia maggior consolazione e conforto, e le bacio rispettosamente le mani, protestandomi
Della Paternità vostra reverendissima
Obbedientissimo ed Infimo Figliolo e Servo in Cristo
Giovanni Giuseppe Franco Scolastico della Compagnia di Gesù
~Bravo giovinetto, d'indole generosa, di buon ingegno, d'animo risoluto. Sano sin'ora, e capace di nobili imprese Bresciani Societatis Iesu~
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Torino 24. febbraio1843 - Fratello Franco scolastico // Chiede con molta istanza le Missioni della Cina o America // a cui si sente chiamare fin da tre anni prima di // entrare nella Compagnia // Al Molto Reverendo in Cristo Padre // Il Padre Giovanni Roothaan, // Preposito Generale della Compagnia di Gesù // Roma