Piccirillo, Carlo (1821-1888), Benevento, October 25, 1847

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25

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789

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Transcription

Molto Reverendo in Cristo Padre

Nell'ultimo giorno de' santi esercizii scrivo questa lettera a Vostra Paternità Reverendissima, affine di aprirle alcuni sentimenti dell'animo mio riguardo alla preghiera altre volte umiliatale delle missioni straniere. Dimando qualche minuto alle sue gravissime occupazioni: figlio a Lei affezionatissimo desidero di farle leggere sino al fondo del cuore tutti gli affetti che vi ha desti la voce di Dio.

Fanciullo lessi la vita di San Francesco Saverio: fu allora la prima volta che intesi dentro di me pressantissimo invito all'apostolato, e la speranza di poter riuscire a tale intento più sicuramente, mi determinò a farmi gesuita. Ne' tredici anni di vita religiosa già quasi scorsi quella voce s'è ita rinforzando ogni giorno più; e con sincerità di figliuolo le assevero che assai poche sono state le volte, nelle quali io mi sia raccolto o in meditazione o a preghiera, che non mi sia stata presentissima e come inchiodata nel pensiero. Essa mi è stato sempre stimolo pungente alla osservanza regolare ed alla virtù; e non che distrarmi mai da' miei doveri di scolastico, mi ha sempre sollecitato a compierli con più ardore. Ho consultati su questo punto tutti i padri spirituali e superiori che ho avuto fino ad ora: dopo minuta indagine e qualche volta lunga discussione son convenuti tutti che la mia potea prudentemente chiamarsi vocazione del Cielo. E a Dio benedetto è piaciuto di darmene un segno molto palpabile. Nel 1839 ammalai di gastrica biliosa accompagnata da acutissima artitride, e tanto avanzò l'infermità che fui avvisato mi disponessi ai sacramenti. Chiesi al reverendo padre provinciale De Cesare di far voto a San Francesco Saverio di consegrarmi alle missioni, dove a Lui piacesse d'impetrarmi da Dio la sanità: l'ottenni ed il feci; e da quel punto medesimo la malattia piegò rapidamente al bene, e guarii. Credei da quel punto sacra la mia vita alle missioni: indagai i mezzi che mi conducessero allo scopo, e dietro il consiglio del medesimo padre provinciale fra gli altri elessi ancora quello di domandarne la grazia ai Superiori con istanza. Già più volte a voce e per lettere novizio e studente di rettorica avea manifestato il mio desiderio, e
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chiestone l'adempimento al reverendo padre provinciale, sconsigliandomi il padrerettore del noviziato dal cominciar così presto a rivolgermi a Vostra Paternità. Ma dal dì della mia insperata guarigione l'impresi a fare costantemente ad ogni semestre nelle rinnovazioni de' voti; riserbandomi il dirigermi immediatamente a Lei quando mi fossi avvicinato di più al tempo del mio sacerdozio. Già sono corsi tre anni che io in varie guise ho fatto pervenire a Vostra Paternità le mie domande. Ed ora non le scrivo o per manifestarle semplicemente l'ardore del mio desiderio, o per sapere se debba nutrirne o deporne la speranza. L'una cosa credo bene nota: e per l'altra i' padri Manera, De Cesare, Basile (il missionario ad Herzegovina) in nome di Vostra Paternità hanno dato esca efficacissima ai miei desiderii. Si Le scrivo a fine di sollecitarla con tutta la effusione del mio spirito: perchè temo assai forte che dove la cosa non riuscirà presto non abbiano a nascere difficoltà da farla svanire per sempre.

Finora ho esposto a Vostra Paternità Reverendissima quanto s'attiene alla sola ispirazione che Gesù Nostro Signore s'è degnato di pormi in cuore. Dirò qualche parola riguardo alle disposizioni che si domandano per un missionario. E sebbene la paura che l'amor proprio non mi lasci travedere è stata quasi per farmi risolvere a non toccar verbo su questo punto, pure l'ho vinta perchè scrivendo ad un Padre amo di eccedere per troppa confidenza anzichè per troppo riserbo =

Caldo di naturale e bilioso non sono inclinato a trovar difficoltà, e molto meno a cedervi dove io le incontrassi. Attivo e sollecito a sbrigarmi nell'operare cerco di occuparmi in quante cose più possa perchè l'ozio mi uccide. Amo assai lo studio, e vi ho atteso con mediocre riuscita; ma più amo di sacrificare lo studio stesso al bene delle anime. Vorrei poter non dispiacere mai a nessuno, e sempre una spina è stata pel mio cuore qualunque mala cera abbia mai osservata. In tutto ciò non è niente di mio: mia è la direzione data a tale indole e verso la virtù, e verso le scienze, se pur questo stesso non deve con anco miglior motivo dirsi tutto di Dio. Adunque sempre nello studiare ho avuto innanzi l'utile che ne avrei potuto cavare per le missioni. Ho atteso alle lingue come mi è riuscito possibile cogli scarsi mezzi di che potea disporre: più ho profittato nelle matematiche avendo insegnato, e più ancora nella fisica, e qualche poco nella storia naturale pe' suoi tre [rami] conforme agli aiuti avutine. Alla teologia attendo con quell'impegno che richiede l'arma che direttamente devesi maneggiare. E per la virtù? Ecco l'unica idea che mi molesta, perchè io non penso che il missionario avrà colla in-
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timazione della partenza tutte le virtù che il debbono corredare: egli allora fruttificherà quello che avrà seminato per lo addietro. E che ho seminato io? Di buona volontà e di desiderii molto Padre mio Reverendissimo: assai di preghiere: pel resto sebbene nel rossore e col pianto ho pure fiducia molta in Colui che non sprezzò mai i desiderii ne' le preghiere del poverello.

Han sempre voluto farmi una difficoltà nella poca salute che a parecchi sembra di vedere in me. Ma questa non mi verrà fatta certo da chi m'ha occupato come sano a far due scuole di matematica ed una di fisica sperimentale il primo anno dopo il filosofato, e poi l'anno appresso le due scuole di Rettorica e di Umanità, e così pel resto del magistero non mai risparmiato, e nè risparmiato pure nello stesso studio della Teologia. Non mi verrà fatta in secundo luogo da' medici i quali mi han sempre attestato che la mia complessione nè è gracile, nè mal sana: e ben lo so io questo, il quale se ciò non fosse stato per gli spropositi fatti in materia di salute da molto tempo avrei dovuto trovarmi nel sepolcro. Quei dunque che me la fanno han poco peso sull'animo mio: ancor perchè non riflettono che male si può giudicare da quello che uno fosse in una data situazione di vita a ciò che sarebbe in tutte altre circostanze; non ricordano i quanti gracilissimi sieni andati e vadano felicemente alle missioni; e forse suppongono che Dio in cotesta opera non voglia servirsi che de' robusti.

Oh fosse giunto il momento in cui vedessi esaudito l'antico mio voto! Che fortuna se posse nella fresca età di 26 anni consecrare le forze dello spirito e del corpo alla conversione degl'Infedeli! Deh! Reverendissimo Padre, se Dio Benedetto ha posto nelle sue mani l'esecuzione de' suoi voleri, le alzi presto e benedica un così antico e così giusto mio voto. Sebbene non ancor sacerdote non v'è nelle missioni casa dove sien qualche nostri, e dove io possa compire il corso teologico mentre imparo la lingua ed i costumi? Affretto presso Vostra Paternità, forse inopportunamente la licenza, perchè ho ragione di temere che preso qui il sacerdozio troverò molte difficoltà per la scarsezza de' soggetti. Qual vuoto ne seguirebbe ora se venisse a mancare uno studente? = Del resto sebbene io arda di giugnere al mio termine prima mia legge è la volontà de' miei superiori. Ho compiute le mie parti di picchiare: convien che aspetti con rassegnazione quanto a' Vostra Paternità piacerà di aprire.

Offerendole il tributo giornaliero delle povere mie preghiere le bacio con divozione le mani, le chiedo la paterna benedizione, e mi segno

Della Paternità Vostra Reverendissima

L'ultimo de' suoi figli, e il più affezionato

Carlo Piccirillo della Compagnia di Gesù

Di Benevento 25 Ottobre 1847.

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Benevento - 25. Ottobre 1847. Fratello Piccirillo scolastico // Petit Missiones
Al Molto Reverendo in Cristo Padre // Padre Giovanni Roothaan Preposito Generale // della Compagnia di Gesù // Roma

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“Piccirillo, Carlo (1821-1888), Benevento, October 25, 1847,” ARSI, AIT 1, 789, Digital Indipetae Database, accessed September 19, 2024, https://indipetae.bc.edu/items/show/1946. Transcribed by EF.