Beltrami, Luigi , Modena, January 22, 1846
Sender
Year
Month
Day
From (City)
From (Institution)
To
Recipient
Anterior Desire
Destination(s)
Models/Saints/Missionaries
Left for mission lands
Language of the Letter
Links
Notes
Archive
Folder
Number
Transcription
Molto Reverendo in Cristo Padre
~Provincia Romana – Modena, 22 Gennaio 1846.
Fratello Scolastico Luigi Beltrami~
Pax Christi
E debbo io dunque riaprirle un’altra volta il cuore? Tant’è: chè troppo fino a questo punto ho resistito al mio Signore. Con malizia no: netto me ‘n vide chi intuetur cor. Egli sopra modo mi andava stimolando perchè io descoprissi a Vostra Paternità gli accesi desideri che per sua grazia mi concedeva. ed oh quali strette non m’ha Egli date! Pressochè in ogni Communione (massime di questi ultimi mesi) dolcemente rimproverava la mia infedeltà, e mi stimolava a non tergiversare pure un momento. Promisi, ripromisi, e parmi da vero. Ma riguardando alla mia pochezza più che non conveniva, poco ad auxilium con che pręcurrit qui pręcepto instat, l’ho fallito nelle mie promesse, e pago solo di sfogarmi col pianto al suo Santo cospetto e nella solitudine del [Coretto] e nel silenzio della notte, non seppi dare un passo di più. Ma Dio buono! come domandar io le SanteMissioni? onde avrei aperta la porta? Non sono ne più mio (nè il voglio essere) che possa disporre di me, e chi mi regge meschino ch’io sono, indegno, quasi in abbominio a tutti, piagato nell’anima, contanto del corpo quomodo [inspiciet] ad me? Ma, checchesia, questa volta non posso altre: il Signore m’ha vinto: ho pianto e senza freno: mi rimorde d’aver forse ostato alle disposizioni sue amorose, di averlo disobbedito, d’essergli stato altrettanto ingrato quanto ritroso. Però senz’altro ecco a Vostra Paternità tutto l’animo mio. – Desidero ardentemente le Sante Missioni: il mio cuore vorrebbe abbracciare tutto il mondo, chè per tutto mi struggo e piango: in tutto vorrei far conoscere il mio Dio, tutti vorrei salvare i creati da Dio, i redenti dal Sangue di Cristo. Ah, il solo pensiero che un’anima si danni! che un’anima perda per sempre il suo bene! che Iddio sviscerato per gli uomini sia da un’anima o non curato perché non conosciuto, o benchè conosciuto pur non amato, che non fa patire al mio povero cuore! Come s’accende, come palpita! io non ci reggo, e credo che il Signore perciò mi tolga l’attuarmivi a lungo perché non venga meno innanzi tempo. Ma sono limitate le mie forze, e dovendomi di necessità piegare solo ad una determinata parte, anelo insaziabile alla Salvezza degli infedeli, a tutto consacrarmi in loro servigio. Ciò primieramente per quel movimento interno che mai non cede, cui per gli effetti che tutti buoni produce tengo ispirazione celeste: poi perché in quelle fatiche abbonda il pane del patimento lunge da quel pericolo di vanità che pur non si può dire leggiero per quelli che operano in questi paesi. – Ma, dirà Vostra Paternità, io, dilettissimo figlio, non penerei gran fatto a mandarmi dove chiamassevi il Divino volere: massimamente che potreste essere utile per ora col magistero che dovreste incominciare. Ma, come stiamo di forze spirituali? e poi non siete voi ammalato? Umilmente rispondo: nulla mi sgomenta dopo il suo consenso. Ho molto buona volontà. Quanto a me omnia possum in eo qui me confortat: quanto a Dio porto somma fiducia che qui infirma mundi elegit senza dubbio exaudiet desideria pauperum. Sono i desideri che sento Santi desideri, dunque datum bonum, dunque de sursum: e se de sursum come fia possibile che nieghimi il perficere chi mi infonde il perseveranter velle? Finalmente è parola di Cristo che l’orazione non andrà mai vuota d’effetto; potrà dunque essere che Egli mi inviti mi sforzi a chiedere, e che io contro alla Sua promessa nunquam accipiam?
Sono ammalato. che monta? Sa il mio Dio non per altro io esserlo che per aver voluto piacere a lui. Da quanto tempo non sarei perfettamente guarito se tante violenze non mi avessi fatte per essere umile ed obbidiente? Ne potrei ben numerare di molte che mi costarono e febbre e sangue. Eh se non avessi voluto immitare Gesù “Iesus autem tacebat” se mi fossi disculpato in certe riscostanze, presso chi a torto sinistramente opinava di me, cessando essi la dura persecuzione che tre continuati anni m’afflisse, e di cui pur ora sento gli influssi, no non sarei nello stato in cui mi trovo. (Queste cose Vostra Paternità tengasi ben chiuse in cuore.). Ma il mio Dio patirà che i Santi Sacrifizii fatti per suo amore mi fruttino la privazione di una grazia che accesamente sospiro? Padre: io non dovrei dire altro di più. Ma se per questa volta m’è lecito aggiungere alcuna preghiera, ah prego Vostra Paternità porga mente che oggimai da 12 anni desidero e senza vicenda, anzi con sempre maggior ardore: che non gusto più cosa del mondo: che non temo fatiche, che non m’è nuovo il patire, che questa grazia forse sarebbe la mia salute; che in fine dove la mi concedesse, a torre ogni incomodo alla Compagniaio stesso limosinerei quant’è bisogno al viaggio qualunque si fosse. Pensi ch’io sono lontano nè posso prostrandomi a’ piedi suoi supplicare come molti fanno con quella maggior efficacia che suole la presenza dare alle preghiere. Rifletta che io non ho chi implori per me fuor delle mie lagrime innanzi a Dio. Ma basta di ciò. Vostra Paternità mi consoli se crede: dove no, sappia restarmi io equalmente contento. Orerò in silentio et spe affinchè eziandio sopra di me s’adempia quel tutto: pulsanti aperietur.
//
Non aveva ancora compiuta questa mia quando, (veda disposizione del Signore.) discorrendo con un Maestro delle mie cose passate, tutto all’impensata mi rivolge questa precise parole: = del rimanente veramente avete scritto una gran lettera al povero Padre Benetti: (alludeva alla lettera ch’io un’anno fa gli mandai per il Padre Valbessa, e vide Vostra Paternità) Non dovevate mai contristarlo di questa maniera. Poveretto: quando passò di qui col Padre Provinciale. se ne dolse meco segretamente, dicendomi: non parergli d’aversela meritata, e poi che non vedeva il perché dello scrivergliela io si tardi. = Immagini Vostra Paternità come rimanessi io trafitto a novella si inaspettata. Basta.. fiat voluntas Dei.. la consolazione non fu mai punto per me. Ciò che io fatto aveva semplicemente per acquetarmi la coscienza, e rientrare nella buona grazia di lui, cui temeva d’aver perduta, ecco come mi partorisce nuove spine. Sa il Signore se mai siami caduto nell’animo di rimproverare un mio Superiore, e Superior tale. Un figlio della Compagnia di cui è pregio l’obbedienza, l’umiltà, la verecondia con qual fronte avrebbe ardito di farlo? Se mi sacrificassero ancora (il che non cadrà mai), credo colla grazia del Signore che non aperirem ad meum. Ah se il Padre Binetti si tenne mortificato da quel mio scritto, io m’avviso di non doverne perciò andar io condannato. forte era la mia afflizione, ed io seppi tutto altrimenti la cosa da quello che Egli la aveva [passata]. Che sea standomi io in quell’errore in cui m’avevano benchè innocentemente indotto tenni modo di scrivere piuttosto risentito, parmi fosse allora da perdonarmi, non da moverne querela: da attribuirlo più presto all’affetto d’un cuore sensibile, non da imputarla a difetto d’una riprovevole alterezza: chè fu semplicità, fu candidezza, fu amore di figlio che mossemi, non malizia di volontà perversa. Ma io non voglio qui per ripurgarmi aprire quelle piaghe che sono presso a rimarginare. Credo che oggimai la semplicità del mio cuore e la sincerità dell’amor mio alla Compagnia a’ miei Superiori, ed a’ quanti ella abbraccia si abbastanza palese, ne’ v’abbia necessità che io qui lo dimostri. Il perché chiudendo le labbra ad ogni mia scusa, dacchè parmi la più convincente il non farne nessuna, e pigliandomi volentieri le parti di reo, io colla faccia nella polvere domando mille volte perdono all’amatissimo Padre Benetti: lo scongiuro per Gesù a rimettermi quella qualunque offesa ch’io non volendolo gli avessi recata. Si dimentichi affatto de’ disgusti fino ad ora da se provati per mia cagione, o se pure vuole ricordarli, ricordili ma per raccomandarmi con più tenero affetto a Dio. Ah perchè non palesarmi tutto quando conversando ci trattenemmo insieme a Piacenza, e non una volta sola, ma e due e tre? Ma non importa. Vostra Paternità faccia le veci mie, ne la prego con ogni sommessione. Mi sdegnerà? lo merito, ma no ‘l temo. Ricuserà? è un figlio che prega, chi ascolta è Padre.
Prostratole a piedi mi unisco ai Santissimi Suoi Sacrifici: le baccio riverentemente le mani, e le chiedo la paterna sua benedizione. M’ami nel Signore. Di Vostra Paternità Molto Reverenda
Obbedientissimo Figlio in Cristo
Luigi Beltrami della Compagnia di Gesù
Modena 22 Gennaio 1846
Transcription- back
Modena 22. gennaio 1846 - Maestro Beltrami // 1. Chiede con grand'ardore e lagrime le Missioni // da 12. anni desiderante. // 2. Cagioni di sue infermità non guarite per le // violenze fattosi ond'esser umile e ubbidiente eccetera // in una dura persecuzione di tre anni // 3. Si scusa e duolsi di certa lettera scritta al Padre Benetti, e ne chiede perdono eccetera.
Al Molto Reverendo Padre Nostro in Cristo // Il Padre Giovanni Roothaan Preposito Generale della Compagnia di Gesù. // Roma
Soli.