Benetello, Giambattista (1786-1861), Reggio Emilia, December 31, 1818
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Molto Reverendo Padre in Cristo
~Provincia Italiana Reggio, 31 del__1818
Fratello Giovanni Battista Benetello~
Pax Christi
Al Padre Rettore di questo Collegio, mio superiore e direttore spirituale, al Padre Perelli, come a Vicario Generale, che allora egli era, ed a Vostra Paternità in quel tempo mio provinciale manifestai la viva brama, che per sua infinita misericordia mi dà Iddio Nostro Signore delle missioni estere. Il Padre Rettore non me la disapproverà; anzi mi consentì ch'io ne scrivessi al suddetto Padre Vicario di quel tempo. Questi egualmente ricevè in buona parte le mie istanze; ma mi rispose di non potermi per allora soddisfare. Da Vostra Paternità poi ebbi in risposta, che io seguissi pure a coltivare mediocremente il mio desiderio. Ora avendolo io fatto, piacque a Dio di accrescerlo vieppiù, cosicchè io non poteva a meno di non vegliare sulle occasioni di mandarlo ad effetto. Per tutt'altro oggetto, che di procacciar compagni, fu a Reggio col Signor D. Pietro Leonardi veronese il Padre Giuseppe D'Avalos Gesuita ben noto a Vostra Paternità. Appena io intesi la mia destinazione al Quito, spontaneamente me gli offersi a compagno, posto che i Superiori me lo avessero consentito. Egli mi disse che tutto dipendeva appunto da' Superiori, e che perciò ei non poteva disporre di nulla. Mi raccomandai dunque molto al Signore, e sentendomi crescere l'antica brama, la manifestai nuovamente al Padre Rettore. Se non che al momento di manifestargliela fui sopraffatto repentinamente da una piena di lagrime e di singhiozzi, che mi fermarono a viva forza le parole in bocca. Egli mi consigliò pertanto di aprir tutto il mio cuore a Vostra Paternità che prima ancora del mio ingresso nella Compagnia io mi sentii questi impulsi alle missioni straniere, e che essi si accrebbero molto più dacché mi fei Gesuita; ma fino ad ora non ho mai avuto coraggio di manifestarli del tutto, per una natural mia timidezza, e pel sommo riguardo che ho de' Superiori anche più immediati. Ora però, giacchè Dio mi dà tanta grazia, stimo di essergli ingrato, non lo facendo in quella guisa, ch'egli mi conforta di farlo. Mi protesto prima di voler colla divina grazia esser fedele alla santa ubbidienza fino alla morte, pronto a lasciare per ubbidienza anche la conversione, se tanto si richiedesse, di tutto il mondo. In secondo luogo confesso per intima persuasione dell'animo mio, che di tutte le misericordie, che Dio mi usa, non riconosco altro da me, fuorché la più mostruosa ingratitudine. Ciò premesso, sappia Vostra Paternità che di continuo mi sento così forti eccitamenti al cuore di far l'ultime prove nella conversione delle anime alla maggior gloria di Dio, che io mi reputo e mi reputerò sempre infelice, finché non mi vegga aperto un tal campo. Che se Dio me lo apre così fecondo, com'è la spedizione all'America, ove trovasi tanta gente ancora idolatra e selvaggia, come potrò io non far ogni sforzo per ottenerlo? Ah se Vostra Paternità mi accordasse di far una volta finalmente a Dio questo sacrificio, ch'egli pur mi va del continuo chiedendo al cuore? È vero non ho nulla di quello che vi si ricerca; non virtù di reggere ai patimenti, non forza di resistere alle tentazioni, non bastevole scienza del ministero. Ma giacchè le debbo aprir il cuore, quanto a' patimenti, fino ad ora Dio mi die' grazia, se non di assumerne de' volontarj, almeno di sofferirne i necessarj, no in religione, in cui tutto mi fu soave, ma al secolo, ove piacque a Lui di provarmi in qualche guisa. Quanto alle tentazioni, ah qui confesso che son più miserabile, ma non dispero però dell'ajuto divino, che sempre sperimentai presentissimo. Quanto poi alla scienza, anche qui son più meschino che mai: nondimeno diemmi grazia Iddio di far l'intero corso di Filosofia sì razionale, che fisica, unitamente alle matematiche elementari: quanto alla Teologia, di studio ordinato v'impiegai un anno, ma per parecchi anni dappoi, prima di entrare nella Compagnia, v'impiegai per naturale inclinazione quanto tempo potei aver libero dalle attuali occupazioni; e mi basterebbe col divino ajuto anche il tempo del viaggio per richiamar l'imparato, ed imparare l'ignoto. Ora io supplico umilmente Vostra Paternità a riflettere sopra gl'indizj, che mi sembra d'avere di vocazione, li quali tutti io assoggetto in tutto e per tutto alla santa ubbidienza. Dall'altro lato La prego per l'amore, che porta a Nostro Signor Gesù Cristo, di dar un guardo all'oggetto di questa spedizione, per interessarsi a favorirla colle maggiori sue benedizioni, a fronte d'ogni contrario riflesso, che Le suggerisse la scarsezza de' soggetti. Ah sento anch'io nel più vero dell'anima il bisogno che ne ha l'Italia; ma deh, Padre Molto Reverendo, qual paragone colla necessità, che ne hanno le provincie dell'America meridionale, che aspettano a braccia aperte la Compagnia? È vero che vi sono destinati tre soggetti nazionali; ma nella cadente loro età, com'essi protestano, che faranno, quando anche non manchino nel lungo viaggio? Arrossisco di esibirmi io a tanto; ma se ad essi altro non manca che il vigore degli anni, io pur l'ho ancora, e unito a loro avrei del pari la maturità, ed il senno, per vicendevole scambio di ajuti. So che la prudenza ben necessaria Le detterà di non privarsi de' soggetti, che sono attualmente impiegati, contemplando molto più le fondazioni richieste. Ma in fine non recherà grave sconcerto la mancanza d'un soggetto, qual io mi sono, di così facile sostituzione. E poi chi sa, che nostro Signore al sagrificio che Vostra Paternità farà d'un solo miserabile individuo, non corrisponda col mandargliene inaspettatamente parecchi altri ben più valenti e più degni? Di grazia rammenti Ella quello che leggiamo nelle memorie de' virtuosi nostri antichi Padri: i superiori de' collegi quando erano in grandi strettezze di temporali sussidj, allora appunto allargavano più la mano alle limosine, certi che Dio avrebbe loro corrisposto con più larghe provvidenze, come in fatti avveniva. Ah faccia Vostra Paternità altrettanto nella scarsezza che ha di soggetti, ché finalmente non farebbe la limosina che di uno solo. Se scrivessi ad altri, che a Vostra Paternità potrei sospettare, che perciò mancasse la necessaria confidenza in Dio; ma scrivendo a Lei, non ne posso dubitare, avendo inteso dalla stessa sua bocca quanta parte Ella dia alla confidenza nel Signore. Ah sì questa confidenza è quella, che mi conforta a sperare, a fronte d'ogni difficoltà, ch'io possa prevedere attraversarsi alla mia vocazione. Questa confidenza in fatti ho riposta in Gesù, in Maria, in San Giuseppe, ne' Santissimi Ignazio e Saverio, non che nel glorioso Santo di Padova, preso da me ad intercessore speciale di questa grazia, come lo presi coll'esito più felice della mia vocazione alla Compagnia. Prego Iddio, come posso, per questo grande oggetto, ne la pregano molti altri in varj luoghi, da me impegnativi, senza manifestarne loro il fine preciso. Deh ricordi Vostra Paternità che da Lei dipende, che Iddio sia glorificato in questo col mostrare a pruova che chi confida in Lui e ne' suoi santi, non va mai deluso. Si proponga da una parte l'Italia, ove vegna la civile cultura e il cristianesimo, provveduta, oltre agli Ecclesiastici ed agli altri regolari, di parecchi collegj della Compagnia colla facilità di accrescerli, se piace a Dio, in breve tempo; si proponga dall'altra l'America Meridionale in gran parte ancora selvaggia e priva della Fede, e dove ancora è civile e cristiana, scarsissima di ministri di Dio, e affatto priva della Compagnia; e poi faccia quello che Dio le ispirerà al paterno suo cuore, ora specialmente, che non una sola, come dianzi, ma parecchie provincie gli piacque di affidarle. In aspettazione pertanto delle risoluzioni di Vostra Paternità sopra di me, Le protesto dinanzi a Dio, che a fronte de' più accessi miei desiderj, sto, e col divino ajuto voglio stare del tutto indifferente agli ordini della santa ubbidienza, da cui debbo e voglio riconoscere la divina volontà di me in ogni cosa. Anzi la supplico per le viscere di Gesù Cristo a non lasciarsi pertanto muovere da quanto io Le ho esposto fin qui, se Ella non lo giudicherà interamente conforme alle divine disposizioni, rinunziando io del tutto a qualunque mia persuasione, quando altro m'intimasse la santa ubbidienza, a cui giurai fedeltà nei santi voti, e alla quale colla divina grazia voglio esser fedele fino alla morte.
Prostrato ai piedi di Vostra Paternità imploro umilmente da Lei perdono d'ogni ardire mostrato e nella confidenza dell'aprirle il mio cuore, e nella prolissità pur troppo soverchia dello scriverle, sendomi troppo abusato del suo tempo, che Le è tanto prezioso. Intanto in contrassegno del più profondo rispetto, e della più sommessa ubbidienza mi professo
di Vostra Paternità
Indegnissimo Servo e figliuolo
Giambattista Benettello
Della Compagnia di Gesù.
Reggio di Modena 31 dicembre 1818.
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Reggio 31 dicembre 1818. Padre Benetello // petit missiones quitensem // Risposta al PadreRettore Suo // ed a Lui, che ancor non è // tempo
Al Molto Reverendo Padre in Cristo // Il PadreLuigi Fortis // Vicario Generale della Compagnia di Gesù // Roma.